L’Italia al di fuori dell'italia: un altro sguardo sulla viticoltura italiana e le sue ripercussioni in Brasile

Traduction(s) :
L’Italie au dehors de l’Italie : un autre regard sur la viticulture italienne et ses répercussions au Brésil

Résumés

The spread of wine around the world has been motivated by economical, commercial, cultural and logistical reasons. Thus, this paper focus on the “typical Brazilian” Italian vineyard, started by immigrants who arrived in southern Brazil in the nineteenth century. It is analyzed how this oriundi have played a definitive role in the consolidation of Brazilian viticulture – even if they aren’t the pioneers, how often they are called – by doing of the wine a element of stability and strengthening of Italian identity in this new territory. Some elements of Italian culture are part of the Serra Gaucha’s vineyards identity (southern Brazil) and its terroirs, through markers in the landscape (vineyards with characteristics of Etruscan origin, architecture) and in relations with the community, church and family. The new wine regions don’t have this symbolic reference with Italy, but they receive influences from migration of wineries, winemakers and professionals.

La diffusione del vino nel mondo è stata motivata da ragioni economiche, commerciali, logistiche e culturali. L'articolo si concentra sui vigneti italiani “tipicamente brasiliani” avviati dagli immigrati che sono giunti nel sud del Brasile nel 19°secolo. Viene spiegato come tali oriundi abbiano giocato un ruolo fondamentale nel consolidamento della viticultura brasiliana – anche se non ne sono stati i pionieri, status che viene loro attribuito erroneamente – facendo della pratica vitivinicola un elemento di stabilità e di rafforzamento dell'identità italiana dei vigneti della Serra Gaucha (sud del Brasile) e dei suoi terroirs, attraverso capisaldi all'interno del paesaggio (vigneti con caratteristiche d'origine etrusca, architetture particolari..) e nelle relazioni con le comunità, la chiesa e le famiglie. Le nuove regioni viticole non hanno riferimenti simbolici con l'Italia, ma ricevono influenze dalle migrazioni dalle cantine e aziende vinicole, dei vignaioli e dei professionisti. Territorialità che superano le frontiere e costruiscono un‘Italia al di fuori di essa.

Plan

Texte

Introduzione: la vigna, una coltura dell'uomo che migra

La riflessione sulla viticoltura, al di là di uno sguardo di ricerca, è un invito a conoscere, a comprendere e ad instaurare una relazione con nuovi territori, con risvolti inattesi. Il vino è un patrimonio, uno sforzo culturale; fa parte della società e, nello stesso tempo, fa si che gli uomini si spostino da un luogo ad un altro. La viticoltura può essere perciò utilizzata come chiave di lettura per analizzare i processi territoriali e le relazioni createsi tra gli uomini e il territorio.

Nell'antichità, i greci e i romani hanno partecipato direttamente alla diffusione della viticoltura in Europa (Garrier, 1998). L'espansione e la diffusione della viticoltura in altre regioni al di fuori dell'Europa è stata una conseguenza non prevista del colonialismo; in relazione a ciò, l'attuale carta della produzione viticola mondiale può essere letta come un risultato di più di 500 anni di colonizzazione (Sommers, 2010). La colonizzazione spagnola, per esempio, è stata fondamentale per l'introduzione del vino nelle Americhe, spinta, soprattutto, dai problemi logistici imposti dalla lunga rotta e dalle condizioni climatiche per il trasporto fino ai tropici (Johnson, 2009). Inoltre, le richieste del mercato britannico hanno fatto sì che si diffondesse la coltura in paesi come l'Africa del Sud e l'Australia; una viticultura sviluppata e diffusa dagli immigrati con un’importante partecipazione dei francesi.

In ogni caso, l'introduzione della viticultura porta con sé una sorta di dialogo tra la coltura e il terreno a livello ambientale, ma anche come rappresentazione. I vigneti stabiliscono una relazione con il territorio in un sistema aperto che riceve e apporta influenze; si adatta alle condizioni locali ma lascia egualmente le sue impronte nel paesaggio, nelle abitudini e nei riti del territorio, creando nuove territorialità. Tutto ciò fonda l'identità viticola, ponendo il vino come attore principale per rappresentare la cultura locale. In questo contesto, la riflessione sulla viticoltura in Italia può facilmente superare la frontiera ufficiale del paese e seguire gli emigranti che lasciano l'Europa alla fine del 19°secolo per costruirsi una nuova vita nel nuovo continente. Questi italiani hanno quindi “allargato” le frontiere nell'impresa quotidiana di adattarsi al loro nuovo ambiente di vita, conservando le proprie referenze culturali.

Questo articolo è un invito ad andare in Brasile, più precisamente nel sud del paese, per comprendere il percorso degli italiani e dei loro vigneti, oltre che le implicazioni attuali di tale presenza. Sotto quest'ottica, sarà qui di seguito spiegato come questi coltivatori abbiano giocato un ruolo cardine nella consolidazione della viticoltura brasiliana, facendo della pratica vitivinicola un elemento di stabilità e di rafforzamento dell'identità italiana nel paese. Infine, la riflessione si sposterà su come questa identità sia ancora presente ed apporti un'importante influenza nelle nuove regioni produttive brasiliane.

L'intento è quello di far conoscere un po' l'Italia presente al di fuori dell'Italia.

L'immigrazione italiana e il vino in Brasile

Il territorio può essere considerato come il risultato di una combinazione di più fattori. Riflettere sul territorio significa analizzare un sistema aperto e dinamico che riceve numerose influenze e che può essere letto su più scale, dal micro al macro: la definizione e le caratteristiche dei territori non si stabiliscono obbligatoriamente a partire dai loro fattori, ma piuttosto in relazione all'ordine e al modo in cui sono organizzati. Pensare il vino a partire dal territorio permette una sistematizzazione dei processi legati alla filiera, poiché è un'unità d'analisi che permette di riunire degli aspetti storici e geografici e di comprendere in modo contestualizzato i rapporti sociali ed economici. Nello sforzo di comprendere i territori del vino, è necessario, anzitutto, osservare qualche reperto storico della colonizzazione italiana e dell'introduzione del vino in Brasile.

Il flusso migratorio dall'Italia verso il Brasile ha preso vita nel XIX°secolo e si è protratto fino alla seconda metà del XX°, soprattutto verso le regioni del sud (stati del Rio Grande del Sud, Santa Catarina e Paranà) e sud-est (principalmente lo stato di San Paolo). Questo processo si è articolato in diverse fasi e ha visto la partecipazione di diverse regioni italiane (poco dopo l'Unificazione), il che rende complessa l'analisi di tale identità in Brasile. Oggi, secondo l'Ambasciata italiana, la popolazione degli oriundi italiani in Brasile conta circa 25 milioni di discendenti degli italiani (considerata come il più importante agglomerato di popolazione italiana all'estero). Questi migranti sono stati reclutati per le attività agricole sia come mano d'opera destinata alle piantagioni di caffè (nel sud-est), sia per occupare il territorio e sviluppare le colture perenni nel ruolo di proprietari rurali (nel sud). È all'interno dell'ultimo caso che la vigna ha trovato il suo posto, soprattutto a Rio Grande del Sud, nella Serra Gaucha, la principale regione viticola, responsabile per l'85% della produzione nazionale di vino (Ibravin, 2003).

Rio Grande del Sud (RS) ha conosciuto differenti tipi di immigrazione alla fine del 19°secolo: la popolazione germanica a partire dal 1824 e quella italiana, più numerosa, a partire dal 1875. La città di Bento Gonçalves, il cuore della produzione viticola, è stata creata a partire dal 1875 con i migranti veneti e del Tirolo austriaco (Valduga, 2011). A RS, circa il 54% degli italiani sono originari del Veneto e il 33% della Lombardia. È interessante osservare che le condizioni offerte dal governo brasiliano agli immigrati italiani erano le stesse per tutte le regioni del territorio nazionale, ma è stato il sud ad attirare la loro l'attenzione. Tale fatto è legato alla possibilità di possedere un’azienda di superficie certamente maggiore rispetto a quella del paese d'origine. Inoltre, le condizioni del clima locale sono sufficientemente simili a quelle dell'Italia per permettere coltivazioni conosciute, come quella della vite, seppur in un territorio del tutto nuovo (Trento, 1989).

Gli italiani si sono quindi installati nel sud del Brasile, una regione del bioma della Foresta Atlantica, all'epoca caratterizzata da un'agricoltura di sussistenza. Dopo i primi anni di occupazione, diversi spazi sono stati coltivati per l'approvvigionamento locale e per scambi commerciali e da allora quella dell'uva è stata una presenza costante. Alcuni riferimenti mostrano che erano già presenti dei tentativi di coltivazione della vitis viniferas, tuttavia sono stati i vitigni americani a saper resistere alle condizioni ambientali locali (Falcade, 2011).

In realtà, l'introduzione del vino in Brasile è cominciata con i portoghesi, verso il 1532, con l'importazione di piante dall'isola di Madera. La coltura ha trovato terreno particolarmente fertile nello stato di San Paolo, nelle zone urbane, tra il 1830 e il 1840, e si è intensificata come attività a fianco della coltura del caffè a partire dal 1880, in linea diretta con l'immigrazione italiana. È importante sottolineare che, tra il 1500 e il 1822, la creazione di industrie e la frutticoltura (nelle regioni a clima temperato) vennero proibite dal governo del Portogallo - il decreto di Maria I proibiva anche la coltivazione della vigna, dal 1789 - per impedire la concorrenza del Brasile con il mercato portoghese. Il vino era il principale prodotto di importazione delle colonie brasiliane, flusso che è poi diminuito con l'intensificarsi della produzione nazionale (con gli italiani), prima a San Paolo e poi a Rio Grande del Sud (Valduga, 2011).

Nello specifico di RS, si hanno delle divergenze circa le origini storiche della viticoltura, ma le ricerche indicano che i primi tentativi di coltivazione di vitis viniferas sono legati alle Riduzioni Gesuite a partire dal 1626, nel nord-est dello stato, nelle “Sete Povos das Missoes”. In seguito, i tedeschi originari della regione del Reno, portatori di una loro tradizione enologica, cercarono di coltivare delle varietà europee di uva, ma si trovarono obbligati a utilizzare ibridi meglio adatti a quell’ambiente. Nondimeno, la concezione delle regioni con un'identità viticola si stabilirà solo con gli italiani a partire dalla metà degli anni Settanta dell’Ottocento.

Questi immigrati ricevettero delle terre nel centro della foresta e cominciarono a coltivare, con un'economia di sussistenza, le principali colture dell'epoca: mais, grano, fagioli e uva. Poco a poco, lo sforzo produttivo cominciò a concentrarsi nel mais e nell'uva, alla base dell'alimentazione degli immigrati (polenta e vino). Nel caso del vino, la produzione iniziò ai fini di consumazione domestica, ma il miglioramento della rete dei trasporti e l'espansione commerciale delle colonie lo resero il principale prodotto di commercializzazione. Ciò portò a un grado di specializzazione sempre maggiore, fino alla conversione in monocolture, con i relativi sforzi e tutte le risorse concentrate intorno alla vigna e al vino. Questo fenomeno è legato a una logica di razionalizzazione economica operata dai contadini, ma è anche all'origine delle politiche di supporto e della promozione del governo, che riconobbe l'importanza della coltura. Tutto ciò ha creato un legame fondamentale tra la viticoltura del Brasile e gli italiani, soprattutto con la figura del vignaiolo, in un contesto in cui l'identità dell'immigrato italiano e l'identità dei vigneti sono strettamente legate.

Figura 1 – Colonizzazione Italiana e produzione attuale di vitis vinifera in RS (2007)

Figura 1 – Colonizzazione Italiana e produzione attuale di vitis vinifera in RS (2007)

Fonte : rielaborazione personale degli autori a partire da Mello & Machado (2008)

Il legame pratico tra la colonizzazione e la produzione viticola attuale in RS può essere esaminato nella Figura 1, che mostra il flusso della migrazione italiana nello stato e le superfici attuali dei vigneti. È possibile osservare che la regione con la più alta densità di vigneto è il centro della colonizzazione italiana, nella Sierra Gaucha. Inoltre, le frecce che illustrano lo spostamento degli italiani verso altre regioni indicano la presenza di vigneti nello stato. Questo panorama evidenzia il ruolo centrale dei migranti italiani nella consolidazione e nell'espansione del vigneto. L'altra regione che si distingue, nella cartina, è la “Campanha Gaucha”, alla frontiera con l'Uruguay, della quale discuteremo a breve, nel quadro delle nuove regioni produttrici.

Da un punto di vista generale, questo processo è stato decisivo non solo per l’avvio della produzione viticola brasiliana, ma anche per la creazione dell'identità dei vigneti brasiliani. Il vino viene concepito come l'eredità della colonizzazione italiana, in una visione semi-romantica, anche se le prove storiche non sono esattamente concordanti. In un altro quadro di analisi, il vino agisce come “prova di riuscita” degli immigrati nel nuovo territorio e della potenza economica della regione. Ancora oggi, pur essendo un importante polo di metal-meccanica e dell'immobiliare, la Serra Gaucha utilizza i propri vigneti come forma di promozione della regione stessa e del comparto turistico.

È facile allora comprendere come esista un'eredità viticola profonda per gli immigrati, eredità che ha marcato la vita, l'organizzazione dei nuclei familiari e delle comunità. Di seguito, verranno analizzate le rappresentazioni della colonizzazione italiana e del vino nel paesaggio e nel quotidiano e, per concludere, verranno spiegate le traiettorie e gli attori che hanno giocato un ruolo primario nella ricerca della qualità e nel posizionamento sul mercato dei vini, con il raggiungimento dell'AOC.

I capisaldi di una cultura quotidiana

L'utilizzo di simboli, di icone e di rituali che toccano la quotidianità dei soggetti costruiscono l'insieme di significati e valori di giudizio che sono conosciuti come “cultura”, nel senso generale del termine. Il territorio è il prodotto di un dialogo permanente tra le entità viventi, l'uomo e l'ambiente nel tempo; è frutto della “fecondazione della natura da parte della cultura” (Magnaghi, 2000).

Il territorio può quindi essere compreso come il risultato di un processo di territorializzazione, dove gli attori sono territorializzati attraverso attività quotidiane, costruendo il loro ambiente di vita. Le territorialità possiedono continuità e discontinuità, nel tempo e nello spazio, e sono fortemente legate al luogo: mentre donano al territorio stesso un'identità, vengono influenzate dalle sue condizioni storiche e geografiche. Le territorialità sono il risultato e la condizione dei processi sociali e spaziali e, seppur mostrando differenze nei dettagli, sono unitarie nelle identità (Saquet, 2006, 2007).

Nel caso di studio, la costruzione del territorio di vita degli oriundi italiani in Brasile può essere concepita come una fusione, che apporta degli elementi dall'Italia, della vita quotidiana dei soggetti, ma anche del loro immaginario e dei loro desideri. Un punto di riflessione interessante è che le evidenze storiche indicano come la maggior parte degli immigrati non fosse composta da contadini (quindi neanche da vignaioli), ma si sono identificati in questo modo per rispondere alle attese delle autorità dell'ufficio di immigrazione. Così, la produzione di vino nel nuovo territorio era più una necessità che non una rappresentazione di esperienza. Questo immaginario collettivo dell'essere italiano in Brasile è spesso chiamato “italianità” ed esprime una combinazione di ricordi personali o della famiglia, con un insieme di immagini che indicano il desiderio di perpetuare la storia e le relazioni tra l'Italia e il Brasile (Cappellin & Giuliani, 2011). Va ricordato che questa identità è complessa e diversificata e che la presente analisi riguarda soprattutto gli italiani del sud e le loro relazioni con il vino.

I capisaldi di questa cultura possono essere percepiti ancora oggi guardando gli abitanti della zona nelle loro pratiche quotidiane, oltre che nel paesaggio locale della Serra Gaucha. È innegabile un legame tra il vino e i nuclei identitari principali, come la famiglia, la chiesa e, immancabilmente, la gastronomia.

È interessante soffermarsi con lo sguardo sui paesaggi viticoli. Le fotografie in Figura 2 mostrano immagini della “Vale dos Vinhedos”. I lavori di Falcade indicano che l'utilizzo dei Platanus acerifolia come supporto vivente per i vigneti appare come un'eredità della tradizione etrusca. Questo tipo di condotta è chiamata “alberata” in Italia e “enforcado” o “uveira” in Portogallo. Esempi di questo metodo sono riscontrabili nell’area di Aversa o del Vinhos Verdes, ma il metodo di utilizzo è differente nei vigneti brasiliani (Vale dos Vinhedos, Monte Belo do Sul e Pinto Bandeira). (Falcade, 2011).

Figura 2 – I vigneti della Vale dos Vinhedos: capisaldi di un'eredità etrusca

Figura 2 – I vigneti della Vale dos Vinhedos: capisaldi di un'eredità etrusca

Fonte : scatto personale dell'autore

Un altro elemento evidente nel paesaggio è l'architettura. Le case tradizionali ci permettono di identificare diversi aspetti, come le risorse locali disponibili per costruire, i bisogni e lo stile di vita degli abitanti. La crescita della produzione viticola ha creato una domanda di crescita o di adeguamento dello spazio destinato alla conservazione del vino, bisogno che è sfociato nella creazione di un'architettura residenziale distinguibile per lo spazio dedicato allo stoccaggio del vino (ma anche degli alimenti in generale). Si tratta di case con una base in pietra (la cantina), materiale che permette il mantenimento delle condizioni di temperatura e di umidità durante tutto l'anno, con aperture per la circolazione dell'aria e la ventilazione. La casa è costruita in legno, risorsa abbondantemente presente nella foresta atlantica. Spesso, gli edifici venivano creati a partire da pannelli di legno lunghi abbastanza per coprire due piani. Le immagini sottostanti mostrano esempi di questo stile, la prima nella località Antonio Prado e la seconda a Bento Gonçalves (come esempio di pannelli unici per entrambi i piani).

Figura 3 – L'architettura tipica degli immigrati italiani nella Serra Gaucha

Figura 3 – L'architettura tipica degli immigrati italiani nella Serra Gaucha

Fonte : scatto personale dell'autore

Passando all'analisi delle pratiche quotidiane, è importante porre in evidenza i processi di formazione e organizzazione di questi villaggi di immigrati. Considerando che gli agglomerati erano praticamente isolati a causa della localizzazione e dei problemi logistici comuni all'epoca, lo spazio della vita degli italiani è stato costruito attorno alla residenza. La disposizione tipica del villaggio vede una sala comunale (per le feste) vicino alla chiesa, evidenziando il senso di convivialità e festività comunale. Elaborato in modo artigianale, il vino appariva come un elemento integrativo naturale dello scenario (Valduga, 2011).

La chiesa cattolica ha occupato un ruolo centrale nella costruzione del territorio degli immigrati in quanto struttura legata alla vita sociale. Con il suo ruolo di coesione sociale la chiesa ha ricoperto un significato speciale per l'italiano e per la sua relazione con il vino. Un esempio emblematico è la “Capela das Neves”, nella Vale dos Vinhedos. La cappella (Figura 4) è stata fabbricata tra il 1904 e il 1907 e per la sua costruzione è stato utilizzato del vino nella malta. La storia racconta di un periodo di grande siccità e di famiglie che donarono il vino per completare la costruzione della chiesa (come è possibile leggere sulla placca posta davanti alla chiesa stessa1). Altro esempio cardine della fusione di questi due elementi identitari, chiesa e vino, è l'”Igreja São Bento”, costruita a forma di cantina per i vini. La chiesa è stata edificata nel 1982 come forma di omaggio agli immigrati italiani e alla loro principale attività, la produzione di vino. Secondo le informazioni della prefettura, la chiesa è stata la seconda al mondo edificata secondo questo stile architettonico.

Figura 4 – La Chiesa e il vino : la «Capela das Neves» e l'«Igreja Sao Bento»

Figura 4 – La Chiesa e il vino : la «Capela das Neves» e l'«Igreja Sao Bento»

Fonte : scatto personale dell'autore

Tutte queste evidenze mostrano l'eredità italiana nella Serra Gaucha, ma è tramite i discorsi degli abitanti locali che è possibile notare come queste radici siano ancora fortemente ancorate alla quotidianità dei soggetti, così come elementi della cultura che sono territorializzati nell'immaginario collettivo. Tutto è rappresentazione, ovvero, tutto rappresenta qualcosa e qualcuno (Pierce, 1977).

Il lavoro di Machado studia la cultura e le territorialità dei soggetti nella località di Linha Leopoldina (che fa parte della Vale dos Vinhedos e della città di Bento Gonçalves), utilizzando come elemento principale l'analisi dei discorsi (Machado, 2013). Nelle interviste appare evidente come questa organizzazione comunale esista ancora, in passaggi come:

“Abbiamo avuto la nostra festa della comunità, perché le

persone sono cattoliche e non so perché, ma sono cattoliche, non

molto praticanti, quindi queste attività fanno parte della vita di ciascuno

e tutti si riuniscono”2

Qui, ci si rende conto di come la chiesa continui a giocare un ruolo centrale, un'eredità diretta del processo di colonizzazione e della cultura dei migranti italiani. Inoltre, il vino e i vigneti sono dei soggetti assidui nei discorsi, come nell'esempio qui sotto:

“Questa attività di lavorare con la vigna e il vino è una cosa di famiglia,

[…] non lavorerei con il vino, è complicato, viene dall'eredità dei nostri

famigliari [...]”3

“[...]Il padre sentiva che gli affari erano complicati, sentiva che era difficile,

ma ci ha incoraggiato a proseguire, aveva già qualche esperienza, che è stata

tramandata da mio nonno, perché la cantina è stata un sogno per mio nonno,

questa coltura è quindi il nostro sangue, fa parte del lavoro e del

quotidiano [...]”4

Negli estratti, è sottolineata la questione dell'eredità e della trasmissione del sapere attraverso la famiglia, di generazione in generazione. Appare anche l'elemento del “sogno” e bisogna notare che quando gli attori parlano di un nonno, in generale, lo fanno attraverso riferimenti diretti a immigrati arrivati dall'Italia. Allora, ecco che il vino è nello stesso tempo anche un'eredità e una “testimonianza di riuscita”. Rappresenta un ideale, la vittoria di questi immigrati dopo molto lavoro, la vittoria sulle difficoltà. Il vino è un elemento di fierezza e sintetizza l'identità degli immigrati, come legame con il luogo di origine e con la riuscita nel nuovo luogo di vita, in un vero dialogo tra uomo e territorio.

L'invenzione e la reinvenzione della tradizione e del territorio

Fino ad ora, la discussione ha riguardato la storia degli immigrati italiani e del processo di territorializzazione attraverso il vino. Si tratta di riferimenti a questa identità, una storia raccontata, a figure emblematiche e a elementi del territorio. Il percorso di questa filiera ha superato la figura del vignaiolo immigrato: ha vissuto dei momenti di crisi e di reinvenzione, che hanno spinto all'organizzazione del settore e alla ricerca della qualità, per arrivare alla sua forma attuale. Cambiamenti in cui la figura dell'immigrato non è necessariamente quella del protagonista, ma che rappresenta sempre e comunque un attore di interesse.

A questo punto bisogna riprendere alcuni riferimenti storici a partire dalle origini per arrivare alla configurazione attuale di questi vigneti. Questo processo implica l'entrata in scena dello Stato e delle politiche pubbliche come induttori della specializzazione della viticoltura e dello sviluppo dei vigneti. È stato dimostrato che il vino è sempre stato presente nella vita degli italiani in Brasile: inizialmente le varietà europee non si adattavano al clima locale e il vino dell'epoca è stato quindi elaborato a partire da ibridi. Dal 1890, lo Stato comincia la sua azione volta al miglioramento delle tecniche della produzione, basata principalmente sulla creazione di stazioni sperimentali alla ricerca dell'adattamento della varietà vitis vinifera all'ambiente locale, in sinergia con l'arrivo di “professionisti” della viticoltura.

Questo processo è stato rinforzato nel corso degli anni Venti del Novecento ed è legato alla crescita della viticoltura come attività economica per la regione. Durante questi anni, è stata creata la Stazione Sperimentale della Viticoltura e dell'Enologia (Estaçao Experimental de Viticultura e Enologia – EEVE). Interessante è il fatto che, a partire dal 1928, la gestione dell'EEVE venne presa in carico dall'italiano Giuseppe Gobbato, fino al 1938. Gobbato fu responsabile della redazione di diversi articoli e libri tecnici sull'argomento, tra cui l'opera “Manuale del Produttore di Vino”, accessibile a diversi vignaioli in quanto scritta in lingua italiana .

Già negli anni Venti, RS raggiunse i vertici della produzione nazionale di vino. Ciò contribuì ad un aumento del ruolo della viticoltura nell'economia locale, in un modello secondo cui i vignaioli si limitavano a fornire il prodotto per la trasformazione a scala industriale; la situazione è poi sfociata in un movimento per il cooperativismo negli anni Trenta. Ecco allora apparire un altro elemento dell'identità italiana: nonostante la competitività tra “vicini”, appare evidente la cooperazione per superare le difficoltà.

Tra gli anni Trenta e Sessanta i vigneti si allargano e cominciano ad essere la base per lo sviluppo di altri settori industriali, come quello immobiliare. La regione guadagna visibilità, soprattutto grazie al suo ruolo come polo industriale. È in questo contesto che nasce la “festa della vigna” (con il suo debutto nel 1931, a Caxias do Sul), iniziativa che ha il vino alla base ma che ha per obiettivo principale di presentare l'evoluzione dell'industria viticola e la ricchezza prodotta dagli immigrati italiani. Il vino rappresenta la “vittoria” di questi immigrati.

Le crisi legate alla presenza di vini importati e la crescita della produzione superiore alla domanda sfociarono, negli anni Settanta, in una ricerca del prodotto di qualità. A partire da questo periodo, le piccole cantine cominciano a diffondersi; nella maggior parte dei casi si tratta di vignaioli che consegnavano le proprie produzioni all'industria o alle cooperative e che da questo momento investono anche nel proprio vino. Questo processo è stato un adattamento alle esigenze legali che, sino agli anni Cinquanta, avevano proibito la commercializzazione della produzione artigianale e che avevano contribuito direttamente alla crescita economica delle industrie e delle cooperative.

La presenza di piccole cantine, basate su un'organizzazione familiare, è aumentata a partire dal 1990, grazie alla crisi delle cooperative. Ciò può essere letto come un ritorno alle origini dell'organizzazione sociale intorno alla famiglia e alla comunità locale; inoltre, la preservazione di questa cultura e dei suoi valori potrebbe aver accelerato la nuova organizzazione della filiera. A partire dagli anni Novanta, infatti, il settore comincia a organizzarsi in associazioni e ad utilizzare il nome delle regioni legate ai vini - cosa che può essere percepita come l'inizio dell'utilizzo della nozione di terroir – in una sinergia tra le iniziative di incoraggiamento al turismo (e all'enoturismo) e la strutturazione degli AOC. Il primo AOC formalizzato in Brasile è stato creato nella Vale dos Vinhedos (processo iniziato nel 1995 e che ha visto il riconoscimento della regione in Brasile nel 2005 e a livello europeo nel 2007). Oggi, i vigneti brasiliani possiedono un totale di 4 AOC e tre progetti in corso, come è possibile notare in Figura 5.

Figura 5 – AOC dei vigneti brasiliani

Figura 5 – AOC dei vigneti brasiliani

Source : Embrapa Uva e Vinho, 2013

Tutte le trasformazioni nei vigneti rivelano dei cambiamenti e delle evoluzioni all'interno della società. Il modo in cui gli italiani e i loro discendenti si sono territorializzati in un rapporto permanente con la cultura d'origine denota dei processi di osmosi e di alchimia, come spiegano Cappellin e Giuliani (2011) nei loro studi sull'italianità in Brasile. Da un lato, la permanenza degli immigrati che costruiscono famiglie e i loro cicli di convivialità sfociano in un processo di osmosi, nella misura in cui gli attori acquisiscono i valori, le pratiche e i simbolismi di questa cultura e contribuiscono allora al rafforzamento dell'identità. Nello stesso modo, l'alchimia permette di accompagnare le trasformazioni della società, conservando la cultura locale; si tratta di antiche tradizioni sottomesse e adattate a nuove condizioni, processo comprensibile come sinonimo di resilienza di territorialità in questo dialogo tra territorio e cultura.

Nei loro studi, gli autori hanno analizzato le pratiche di gestione degli oriundi in Brasile, in una regione ampia, utilizzando degli esempi di diverse regioni brasiliane, oltre che di settori industriali e di profili di diversi immigrati. L'analisi ha fortemente evidenziato lo spirito imprenditoriale considerato tipico della cultura italiana, ma anche uno dei vettori dell'industrializzazione nello stato di San Paolo. Anche a Rio Grande do Sul la densità industriale nelle regioni di colonizzazione italiana è più importante rispetto alla media dello stato, con un importante polo di metalmeccanica e di industria immobiliare; rimarcabile è anche l'esistenza di un grande numero di stabilimenti industriali, cosa che caratterizza la presenza di PME (Piccole-Medie Imprese) e di un atteggiamento imprenditoriale.

Per quanto riguarda i vigneti del sud, lo studio ha mostrato che i vignaioli cercano la riproduzione dei modelli organizzativi che assomigliano a quelli utilizzati nelle regioni del Veneto e del Trentino. Più volte, lo stile architettonico tradizionale è valorizzato, conservando l'originalità oppure anche attraverso fenomeni di riproduzione. Le case dei proprietari vengono poste a fianco dei vigneti o delle cantine. I turisti e i clienti sono accolti dal proprietario in uno scenario storico-gastronomico in cui possono gustare il vino insieme alla gastronomia tipica italiana (pasta, risotto, polenta..). In questa combinazione, la memoria e il ricordo delle origini hanno un ruolo simbolico: la celebrazione delle cultura italiana agisce come un'energia speciale situata tra la memoria e il mercato, permettendo il processo di territorializzazione dell'immigrato e contribuendo al marketing del prodotto(Cappellin & Giuliani, 2011).

È evidente che la filiera non vive solamente di questa memoria e del rapporto col passato. Nelle visite alle cantine, è possibile vedere le conseguenze di un processo di professionalizzazione ed esempi di “vignaioli globalizzati”. In generale, le cantine sono costruite dalle seconda – a volte terza – generazione della famiglia, cosa che implica dei progetti strutturati, la qualificazione tecnica e la capacità di gestione. È frequente incontrare esempi di professionisti che sono passati per stages all'estero, o di cantine che hanno accolto specialisti da scambi di esperienze. Questa realtà è presente soprattutto nelle regioni che sono passate per il processo dell'AOC. Per quanto riguarda l'architettura, di fianco alla preservazione dello stile tradizionale si comincia a notare la modernità e se ciò può essere percepito come un indebolimento dell'identità, uno sguardo più attento mostra che altri elementi, come la presenza famigliare nella cantina e le case a fianco, sono ancora ben presenti.

Soprattutto, nonostante gli scambi socio-economici e la crescita della pressione urbana (che in alcune regioni minaccia i vigneti), la storia degli immigrati e il rapporto con l'Italia resta sempre una presenza forte nel quotidiano (il dialetto veneto per esempio è la lingua corrente tra gli immigrati), come promozione della regione. L'identità italiana in Brasile continua ad essere rafforzata e agisce come un punto di stabilità tra i cambiamenti.

Ripercussioni nelle nuove regioni

Al di là della regione di colonizzazione italiana, la viticoltura del Brasile occupa oggi territori nuovi, che guadagnano terreno nella produzione vitivinicola nazionale. Nella maggior parte dei casi, i nuovi vigneti sono nati a partire dagli anni Ottanta del Novecento, con un'espansione a partire dagli anni Duemila. E allora sorge spontanea una domanda che può essere interessante analizzare: “L'italianità è presente in queste nuove regioni? C'è un rapporto tra gli italiani e i nuovi vigneti?”. Si tratta di questioni complesse, che non accettano un semplice “si” o “no” come risposta. Nel tentativo di proporre qualche spunto di riflessione, il tema verrà discusso partendo dall'esempio di due regioni emergenti – la Campanha Gaucha e la Vale do Rio São Francisco – (Figura 5), che non sono state interessate dai flussi di colonizzazione italiana e dove ha preso avvio il processo per l'AOC.

La Campanha Gaucha si trova nel Rio Grande do Sul, alla frontiera con l'Uruguay; la regione è attualmente responsabile per il 10% della produzione di vitis vinifera del Brasile. I primi casi di vigneti nel territorio sono quelli di superfici isolate, gestite dai gesuiti nel XVII° secolo e dai portoghesi nel XVIII°. Nonostante il consolidamento come territorio viticolo non vi abbia preso piede, la regione è apparsa in studi tecnici come la meglio adatta, nel RS, alla produzione viticola grazie alle caratteristiche edafiche e climatiche. La ripresa della produzione viticola ha avuto luogo a partire dal 1980, attraverso gli investimenti di alcune multinazionali (di Stati Uniti e Giappone). Dagli anni Duemila si osserva una nuova fase di espansione della produzione, con la partecipazione diretta dei produttori della regione. Il processo attuale è favorevole allo sviluppo delle attività legate al turismo (Flores, 2011).

Nel nord-est del Brasile, in un clima semi-arido, la Vale do São Francisco (stati di Pernambuco e Bahia) è la principale regione di viticoltura tropicale del paese. Qui i vigneti commerciali erano già presenti negli anni Ottanta del Novecento, ponendo la regione in un ruolo pionieristico per quanto riguarda i vigneti tropicali. Le condizioni climatiche semi-aride, in alternanza con una stagione secca e con un basso tasso di umidità, permettono fino a cinque raccolti ogni due anni – un'eccezione nello scenario internazionale – (Tonietto & Pereira, 2012). In realtà, la regione è un polo per la frutticoltura tropicale destinata all'esportazione, basata su un'agricoltura irrigua. Un altro punto di convergenza con la Campanha Gaucha è che i vigneti commerciali sono stati messi in opera da un'industria multinazionale (in questo caso in cooperazione con un produttore locale). Il primo vino del nord-est del Brasile è stato immesso sul mercato nel 1985. La regione ha vissuto un forte impulso nell'ultimo decennio e ciò è stato evidenziato dall'installazione di unità di due importanti gruppi nella filiera: uno di origine portoghese e, il principale, brasiliano. Questo terroir ha come caratteristica la produzione di vini giovani, un nuovo concetto da sviluppare ed estendere sia nelle tecniche di elaborazione che sul mercato.

Fino ad oggi non ci sono rapporti evidenti tra le due regioni e le transizioni italiane. I vigneti tropicali sono un concetto tutto nuovo e nella Campanha Gauha l'immagine dell'immigrato italiano lascia il posto a quella del “gaucho”5 e del paesaggio della Pampa nella formazione della sua identità (Flores & Medeiros, 2012). Comunque sia, la Serra Gaucha gioca un ruolo diretto su due elementi pratici: la presenza d cantine originarie della Serra Gaucha stessa nelle nuove regioni e la migrazione di vignaioli e professionisti.

Gli ultimi movimenti della filiera indicano un’espansione del vigneto in nuove regioni, al di fuori della Serra Gaucha. Questo processo appare basato su più fattori, tra cui la ricerca per diversificazione, il miglioramento della qualità, la riduzione dei costi operativi e, soprattutto, appare governato dal prezzo dei terreni agricoli. In questo processo la Vale de São Francisco ha ricevuto investimenti da parte di un importante gruppo e la Campanha Gaucha ha attirato diverse iniziative. Le nuovi regioni permettono l'installazione di pratiche viticole moderne sulle superfici più importanti. Si tratta di un processo recente e in movimento, e valutarne oggi gli impatti sul territorio appare difficile.

Inoltre, lo spostamento dei vignaioli e dei professionisti del vino in nuove regioni è evidente. In primo luogo, bisogna considerare che la Serra Gaucha è la più tradizionale delle regioni viticole e possiede quindi una centralità in rapporto alla ricerca e alla formazione dei professionisti. In secondo luogo, un fatto saliente è la presenza dell'attuale IFRS6, il cui campus Bento Gonçalves offre la formazione tecnica in enologia dal 1962; si tratta della più antica formazione nell'ambito brasiliano, nonché un punto di riferimento, in quanto la maggior parte dei professionisti che lavorano nelle cantine a Bento Gonçalves hanno studiato in tale istituto. Nella Vale do São Francisco, per esempio, già per quanto riguarda l'installazione delle uva da tavola per esportazione, le imprese si sono spostate verso sud alla ricerca di personale qualificato.

Nelle nuove cantine, soprattutto nella Campanha, nonostante gli imprenditori vivano nella regione da diversi decenni, vi appare spesso un riferimento all'origine italiana della famiglia. Questa caratteristica, però, non si pone come elemento emblematico del territorio. Anche nella Vale do São Francisco, dove le nuove cantine adottano come nome del marchio il loro nome di famiglia (di origine italiana), la figura degli immigrati o di altri rapporti con la cultura italiana non vengono sfruttati.

Tutto ciò per dire che l'italianità continua a giocare un ruolo importante anche nelle nuove regioni, una sorta di riflesso della riuscita dei vigneti della Serra Gaucha. Tuttavia, le nuove regioni, nella misura in cui esse riescono a strutturarsi, si allontanano poco a poco, ma sempre di più, dai rapporti con l'Italia, forse nell’ottica di un vigneto “più brasiliano”. Forse, si tratta di un’altra espressione dello spirito imprenditoriale di questi immigrati.

Quale territorio?

Una persona invitata a conoscere la Serra Gaucha, senza aver ricevuto prima alcuna informazione circa la storia e la geografia locale, si trova davanti ad una realtà che può essere comparata più a quella dell'Europa che all'immagine stereotipata del Brasile all'estero. Il calore dell'estate è rimpiazzato da un inverno umido, con i vigneti al posto delle spiagge e le musiche italiane anziché la samba… Questa immagine, piuttosto caricaturale, mostra una diversità largamente diffusa all'interno del Brasile.

La riflessione portata avanti fino ad ora ha mostrato numerosi capisaldi di una cultura che ha attraversato l'oceano per territorializzarsi. Analizzare un vigneto italiano al di fuori dell'Italia è un esempio pratico di come le territorialità possano superare le frontiere ufficiali di un paese e continuare a vivere. D'altro canto, è ormai chiaro come il vino rappresenti più che una filiera: la riuscita di un sogno, la vittoria di una regione. Altre sfumature del discorso, che non sono state trattate in questo articolo, meritano uno sguardo più attento, come per esempio il fatto che l'Italia sia il paese europeo maggior esportatore di vino in Brasile (davanti al Portogallo e con più del doppio del volume commercializzato dalla Francia), cosa che può indicare la presenza di relazioni favorite dalla prossimità culturale. O ancora, cooperazioni e partenariati tra i due paesi in diversi ambiti. Tutte questioni aperte a nuovi studi.

Perciò, un modo di vedere questi vigneti è sicuramente quello di considerarli come delle pratiche italiane in Brasile o, ancora, come delle tradizioni italiane “tipicamente brasiliane”. Al di là del tentativo di trovare una risposta a tale questione, è ancora più interessante comprendere la diversità e come, a partire dal vino e dal concetto di terroir, sia possibile sistematizzare un'analisi sull'identità locale, mettendo in evidenza come questi attori, attraverso le loro territorialità, abbiano contribuito alla formazione e allo sviluppo di tutta una società.

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Notes

1 “La Chiesa della Comunità di Nostra Signora della Neve è stata costruita con il vino. Nell'epoca ci fu un periodo di grande siccità e non c'era più acqua per costruire. Quindi, sono stati offerti circa 300 litri di vino per famiglia e la costruzione è cominciato nel 1904, terminando nel 1907” (traduzione del testo) Retour au texte

2 “Acabamos de ter na semana passada a nossa festa de comunidade, porque o pessoal é catolico e eu não sei por que, mas é catolico, não é muito praticante, então essas atividades fazem parte da vida de cada um e é o que juntam todos.” (traduzione testo) Retour au texte

3 “Essa atividade de trabalhar com uva e vinho é uma coisa de familia, […] trabalharia com vinho, é meio complicado trabalhar com isso, então vem da herança que nòs temos dos familiares [...]” (traduzione testo) Retour au texte

4 “[...] o pai sentia que os negòcios estavam dificeis, a gente sentia que estava dificil, mas ele nos incentivava a seguir com isso, ele jà tinha certa experiência, que foi passado para ele pelo meu avô, por que a vinicola era um sonho para meu vô, então essa cultura tà non nosso sangue jà faz parte do trabalho e do dia-dia [...]” (traduzione testo) Retour au texte

5 Il “gaucho” è un elemento fondatore dell'identità del RS; è nato da una mescolanza tra portoghesi, spagnoli ed indigeni, fortemente identificativo della regione di frontiera, il paesaggio della Pampa, l'allevamento e les “estancias” Retour au texte

6 Institut Fédéral du Rio Grande do Sul Retour au texte

Illustrations

  • Figura 1 – Colonizzazione Italiana e produzione attuale di vitis vinifera in RS (2007)

    Fonte : rielaborazione personale degli autori a partire da Mello & Machado (2008)

  • Figura 2 – I vigneti della Vale dos Vinhedos: capisaldi di un'eredità etrusca

    Fonte : scatto personale dell'autore

  • Figura 3 – L'architettura tipica degli immigrati italiani nella Serra Gaucha

    Fonte : scatto personale dell'autore

  • Figura 4 – La Chiesa e il vino : la «Capela das Neves» e l'«Igreja Sao Bento»

    Fonte : scatto personale dell'autore

  • Figura 5 – AOC dei vigneti brasiliani

    Source : Embrapa Uva e Vinho, 2013

Citer cet article

Référence électronique

Shana Sabbado Flores, Vagner Da Silva Machado, Vander Valduga et Rosa Maria Vieira Medeiros, « L’Italia al di fuori dell'italia: un altro sguardo sulla viticoltura italiana e le sue ripercussioni in Brasile », Territoires du vin [En ligne], 6 | 2014, publié le 01 mars 2014 et consulté le 28 mars 2024. Droits d'auteur : Licence CC BY 4.0. URL : http://preo.u-bourgogne.fr/territoiresduvin/index.php?id=826

Auteurs

Shana Sabbado Flores

Professeur, Institut Fédéral de Rio Grande do Sul, Porto Alegre, Brasil

shanasabbado@yahoo.com.br

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Vagner Da Silva Machado

Institut Fédéral de Rio Grande do Sul, Porto Alegre, Brasil

Vander Valduga

Professeur, Université Fédérale du Parana, Curitiba, Brésil

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Rosa Maria Vieira Medeiros

Professeur, Université Fédérale de Rio Grande do Sul, Brésil

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